Il Fotone e l’effetto Doppler
La Luce
Introduzione all’argomento:
Ancora oggi non è spiegato fino in fondo il reale comportamento del singolo fotone quando questo viene emesso da una sorgente in movimento.
Il fotone o particella luminosa è un componente singolo del comune raggio di luce, praticamente la luce che noi vediamo è composta da miliardi di raggi di luce che sono composti da un’infinità di fotoni, se noi riuscissimo a comprendere la meccanica del raggio di luce quando questo è condizionato dal moto aggiuntivo della sorgente luminosa, potremmo capire meglio la teoria della relatività e chiarire se questa è giusta o no.
- Riflessione storica:
Qui bisogna fare due passi indietro nel tempo, per spiegare e far capire bene a tutti come si è arrivati alle nostre convinzioni, dell’etere e alle caratteristiche della luce in movimento.
Maxwell, era convinto dell'esistenza dell'etere, in un suo scritto affermava: “Non vi può essere alcun dubbio che gli spazi interplanetari e interstellari non siano vuoti ma occupati da una sostanza o corpo materiale che è certamente il più vasto e probabilmente il più uniforme di cui abbiamo una qualche conoscenza.”
Stranamente le equazioni matematiche di Maxwell 1873 daranno inizio alla crisi del concetto dell'Etere, perché con lui si sapeva che la luce viaggiava ad una velocità altissima, 300.000km/s circa, perciò si immaginava un Etere che doveva essere leggerissimo e al tempo stesso rigidissimo sufficiente a far viaggiare la luce a questa velocità, doveva anche avere la particolarità di attraversare senza problemi tutti i corpi conosciuti, qui iniziarono a nascere tante teorie, la più importante era l'esistenza del vento d'Etere e le sue turbolenze, proprio come nel vento atmosferico ci sono le turbolenze create dal un passaggio di un treno. Infatti al quel tempo si era convinti che il vento d'Etere creato dal moto dei pianeti creasse un ulteriore moto con le relative turbolenze, quindi si studiò con particolare attenzione il moto della Terra.
Appurato che la Terra grazie al suo moto orbitale si muove nell'universo a 30 Km/s perciò si affermò che ci doveva essere un vento dell'Etere a 30 Km/s che creava la Terra in direzione opposta al proprio cammino, ovviamente, qualsiasi cosa che attraversava era influenzata da questo vento compresa la luce.
Per cercare di risolvere questo mistero Michelson-Morley due scienziati nel 1887 vollero eseguire un esperimento per dimostrare l’esistenza dell’Etere e nel particolare, loro volevano misurare proprio il vento d’Etere, quindi cronometrarono la velocità della luce convinti di trovare una differenza di velocità di 30.000 m/s che è la velocità orbitale della Terra, fecero questo quando la Terra era in posizioni orbitali opposte, ma nelle varie misure eseguite nell’arco dell’anno non trovarono mai una differenza di velocità, continuarono le misure nell’arco di dieci anni e nei vari mesi dell’anno ma non rilevarono mai differenze.
È inutile dire che questo esperimento sulla velocità della luce di Michelson-Morley fu una totale disfatta per l’idea che si era formata dell’Etere.
Per cercare di spiegare l'anomalo risultato dell’esperimento iniziò prima Fitzgerald poi furono ripresi da Lorentz, lui avanzò l’ipotesi che un corpo sottoposto alle alte velocità si contrae lungo la direzione del moto, secondo un fattore , questa contrazione non poteva essere misurata sulla Terra, perché ogni strumento subirebbe la stessa contrazione, solo un osservatore a riposo nell’etere esterno alla Terra poteva misurarla.
Lui infine formulò che nell’ipotesi di contrazione era necessario introdurre una nuova misura del tempo, chiamò questo “tempo locale”, il valore di questo tempo varia da sistema a sistema.
Qui bisogna premettere che a quei tempi la maggioranza degli scienziati consideravano l’etere come un fiume che scorre quindi erano fortemente condizionati dalle loro convinzioni di base, per tutti il moto della sorgente secondo la relatività Galileiana era da sommare, ma non capivano come fare.
Nel 1905 Einstein riuscì nell’intento convincendo la maggioranza degli scienziati con la sua teoria della relatività ristretta, lui perse la formula di Lorentz e la reinterpretò nel rallentamento del tempo, considerandolo solo relativo al fenomeno, da questo momento il tempo avrà l’affascinante particolarità di rallentare con la velocità. Con questo approccio lui decise di mettere da parte l'idea Etere, quando presentò la sua teoria sulla relatività alla domanda “c'è l'etere?” Lui rispose, “l'etere non può essere rilevato tanto vale non prenderlo in considerazione”. Venne catalogato come “vuoto” l'argomento “Etere”, da quel momento si parlerà che la velocità della luce nel vuoto.. o al massimo dello spazio infinito è di 300.000km/s circa, l'Etere come elemento dell'Universo non verrà più studiato ma messo semplicemente da parte.
Quando si ebbe la conferma (1913) alla sua teoria da un fatto sperimentale eseguito dall’astronomo olandese Willem De Sitter con le stelle doppie (nel prossimo capitolo riprendo l’esperimento) Einstein si trovò la strada spianata per la gloria e l’accettazione incondizionata della sua teoria da parte della comunità scientifica.
Adesso prima di parlare di Etere vorrei fare una parentesi e parlare del “vuoto”, perché troppe volte si legge in molti testi di fisica: “la luce si propaga a 300.000 km/s nel vuoto”, qui bisogna fare una considerazione: ammettendo per ipotesi che riuscissimo a lanciare un raggio di luce nel vuoto assoluto, come primo appunto noi non sapremmo veramente se la luce possa o meno viaggiare nel vuoto, non sappiamo con certezza neanche a quale velocità possa andare, proprio perché questo esperimento non è stato mai eseguito, sicuramente (io dico) potrebbe avere un moto diverso da quello conosciuto non trovando ostacoli che lo obbligano ad un moto elicoidale, quindi nel vuoto non possiamo escludere che il raggio di luce potrebbe viaggiare molto più velocemente di 300.000km/s; in aggiunta se togliessimo all'energia luminosa anche il fotone come particella senza massa, questa energia o radiazione emessa in uno spazio completamente “vuoto” non avendo un volume da trasportare a condizionarlo, potrebbe andare ad una velocità più alta e costante, non penso infinita, ma sicuramente non misurabile con i nostri strumenti.
Purtroppo queste risposte non verranno in un tempo breve.
Lo spazio sconfinato dell’Universo che noi chiamiamo Etere non è poi così vuoto come pensiamo, anzi è saturo di particelle che noi non riusciamo a rilevare perché sono senza massa, possiamo rilevarle solo se vengono caricate di energia diventando fotoni o altro, cioè sono particelle che vengono trasportate dall’energia elettromagnetica delle radiazioni.
L’Etere è così evanescente che anche stando molto attenti vediamo solo gli effetti che ha sui fenomeni fisici, non vediamo la sua reale densità, il primo effetto è proprio la velocità della luce, la mia spiegazione l'ho già data perché la luce viaggia a 300.000km/s e non di più, però anche se la mia spiegazione fosse imprecisa o incompleta, comunque l'Etere condiziona la velocità della luce facendola andare a 300.000km/s e non oltre.
Non riesco a capire l'errore frequente che è quello di considerare l’Etere al pari del vuoto o con delle proprietà illogiche (anticamente immaginando il vento d’etere oggi giorno immaginando le geodetiche relativistiche), noi dovremmo studiare l’Etere per quello che è, e non per quello che dovrebbe essere secondo un nostro postulato fatto in precedenza. Dobbiamo liberare la mente dai condizionamenti.
Per capire proviamo ad immaginare l’aria e considerarla dieci ed il “vuoto” dargli il valore di zero, tra di loro ci sono un numero infinito di valori prima di arrivare al vero zero che è il vuoto.
Adesso immaginiamo l'Etere come la “Base” di tutto l’universo anche della nostra atmosfera, dal momento che interagisce con essa, noi sappiamo che la pressione atmosferica terrestre al livello del mare è di 1,01315x105 Pa, se prendiamo una pompa da vuoto meccanica possiamo arrivare a 1x10-4 Pa, noi conosciamo anche la pressione atmosferica sulla Luna che è di 1,3x10-6 Pa, ma nello spazio interstellare si può arrivare ad una pressione di 1,3x10-4 Pa . qui vi potete rendere conto che ci sono tredici zeri tra la pressione atmosferica terrestre e lo spazio siderale, però anche questo non è il vero zero assoluto, qui capiamo che è proprio per la sua inconsistenza materiale a far sì che nello spazio non ci possono essere delle forze che creano le correnti d'Etere, qualsiasi spostamento di pianeta o stella risulta minimo rapportato all’Etere, il nostro pianeta con il suo moto di 30km/s nello spazio non riuscirebbe mai a sentire un ipotetico vento d’Etere perché si sposta troppo lentamente in proporzione per poterlo percepire come una resistenza.
Per capire provate a camminare lentamente ma completamente immersi in una piscina, sono sicuro che in questa posizione riuscirete a stento a muovervi con un grande dispendio di energia, creando dietro di voi un turbinio di corrente; ma se la stessa andatura provate ad eseguirla fuori dall’acqua in una stanza chiusa, qui vi risulterà agevole muovervi e non sentirete alcun vento o turbinio dietro di voi.
Nello spazio abbiamo 0,000.000.000.000.13 circa diecimila miliardi di volte meno della pressione atmosferica terrestre al livello del mare, potete fare il giusto rapporto e rendervi conto che 30km/s del moto terrestre, che sono 108.000 km/orari e per capire meglio 108.000.000 metri orari, questo in rapporto alla rarefazione dell’Etere è come camminare ad una velocità di 0,000.0108 metri orari cioè dieci micron o dieci milionesimi di metro circa l’ora, perciò è normale che lassù non si trova nessun vento d'Etere.
l'Etere è troppo rarefatta e noi andiamo troppo piano per creare del vento ipotetico, ma la luce con la sua velocità sente il problema? qui io penso che ancora non è una questione di troppo vento perché lei va diecimila volte più veloce di noi e questo non basta per creare dei problemi di vento che possano frenare la sua velocità, poi la luce viaggia anche nella nostra atmosfera come nell’acqua o vetro e non ha problemi di sorta.
La soluzione del problema potrebbe trovasi nella costruzione di base dell'Etere, questa anche se molto semplice ha una sua consistenza interna, ed è proprio questa minima coesione che la luce deve superare nell’avanzare a condizionare il moto, anche se leggera questa porta ad un aumento della resistenza del fotone e condiziona solamente la luce, quindi da un moto di partenza rettilineo molto più veloce, ad un moto elicoidale più lento ma molto efficace ed uniforme utile nell’avanzare, il fotone deve fare i conti solo con l’attrito della particella senza massa nell'avanzare, le conseguenze dell’attrito è la luminosità che noi vediamo.
La mia personale convinzione è che il fotone nel suo moto si comporta come un motore elettrico consumando energia quando ha solo la sua energia da utilizzare questo è il caso comune della propagazione della luce, ma ha anche un comportamento simile ad una dinamo quando la luce viene emessa da una sorgente in movimento, tutto questo rispettando il primo principio delle dinamica, che in un corpo permane lo stato di moto uniforme (dato in questo caso dalla sorgente in movimento), a meno che non intervenga una forza esterna a modificare tale stato (la forza esterna in questo caso è la costante di avanzamento della luce, sopra riportata), la costante di avanzamento della luce non permette un aumento di velocità ma permette un aumento della frequenza, quindi un aumento dell'energia della particella, cioè nel suo viaggio il fotone spende energia e si comporta come un motore elettrico, ma se ha una spinta aggiuntiva data dal moto della sorgente si comporta in virtù di quella maggior energia, come una dinamo accumulandola ed aumentando la sua frequenza, ma la sua velocità rimane sempre costante.
La conferma avviene applicando l’effetto Doppler alla velocità della luce.
Premessa: cosa è l’effetto Doppler? È il cambiamento della frequenza della lunghezza d’onda che viene rilevata da un osservatore, questo effetto si verifica se siamo in presenza di un moto, della sorgente o dell’osservatore stesso.
Questo effetto si verifica perché una sorgente in movimento ha la possibilità di far sommare l’energia della propria velocità (spingendo o compattando) in proporzione al proprio moto le onde luminose, al moto che lo precede e di conseguenza di togliere (tirando o diradando) le onde luminose al moto che lo segue, modificando così la frequenza dell'onda o “spira”, ma la velocità della luce in quel punto specifico comunque non varia, questo in inglese si è sempre detto red-shift o blue-shift ma si considerava ad uno spostamento solo di frequenza invece è una sommatoria della frequenza (aumento di energia), nel senso letterale della parola cioè si sommano o si sottraggono le frequenze, così noi aggiungiamo il moto dell'osservatore proprio come in acustica, ed il fotone ne acquista aumentando l'energia, questo perché l'energia della sorgente in movimento si somma all'energia del fotone aumentando la frequenza ma la velocità della luce rimane invariata sempre per la costanza di avanzamento della luce.
Nella figura 6.1 vediamo perché la velocità della luce è sempre 299.792.458 m/s sia in moto verso la sorgente luminosa che fuggendo da essa, questo si capisce stando nella posizione V andando verso B con un ipotetico treno ad alta velocità, qui si comprimono le onde luminose di fronte al treno, e queste risulteranno aumentate nella frequenza quindi più vicine, in proporzione della velocità del treno, ma misurando la velocità della luce noi misureremo sempre 299.792.458 m/s che risulterà invariata per la costanza di avanzamento della luce; nella situazione inversa, sempre nella posizione V del treno ma guardandosi indietro verso A le onde luminose alle spalle del treno risulteranno distese sempre in proporzione della velocità del treno quindi anche qui noi misureremo sempre 299.792.458 m/s che risulterà invariata anche qui per la costanza di avanzamento della luce.
Vi voglio fare un esempio pratico, nella figura 6.2 sono riportate le famose molle magiche colorate, quelle usate anni fa dai ragazzi come passa tempo. Se ne prendo in mano una da un capo e lascio cadere a terra l’altra estremità, succede che questo semplice gesto ci fa capire il vero comportamento della luce quando avanza nello spazio.
Infatti se alzo o abbasso la mano la molla segue il mio movimento e armoniosamente le spire si allungano o si stringono, visto di lato il moto elicoidale è molto simile al percorso ondulatorio, ma per il raggio di luce il percorso è lineare.
Per farti capire cosa possa succedere ad un raggio di luce in presenza di un moto aggiuntivo della sorgente basta guardare la molla distesa in verticale mentre con l’altra mano la prendo al centro e alzo o abbasso le spire, queste dal centro si muovono in armonia e si allungano da un verso stringendosi dall’altro, aumentando di conseguenza la “frequenza delle spire”.
Per questo dico che il tempo è una componente esterna al fenomeno studiato. La risposta sta nel percorso elicoidale della luce.
Per capire meglio quello che succede veramente ad un raggio di luce emesso da una sorgente in movimento, immaginiamo di rifare un esperimento tipo Michelson e Morley, ma in un modo completamente diverso da come lo hanno eseguito loro e di misurare e fotografare idealmente tutto l’esperimento.
Immaginiamo di lanciare il raggio di luce da un faro di una astronave in moto ad una velocità di 30.000.000m/s circa il 10% della velocità della luce. Immaginiamo però di avere con noi un’ipotetica macchina fotografica che ci aiuta riprendendo tutto il lavoro, questa macchina fotografica è davvero speciale perché ha una particolarità unica, riesce ad eseguire 299.792.458 foto in un secondo.
Prima di iniziare l’esperimento, verifichiamo se effettivamente la velocità della luce è sempre 299.792.458m/s anche con il moto della sorgente, avuta la conferma che il raggio di luce non ha risentito della velocità dell’astronave, iniziamo ed esaminiamo le foto, nella prima foto vediamo il momento del lancio del primo fotone pronto a partire e il faro sorgente dell’astronave è pronto a muoversi, nella seconda foto vediamo il primo fotone che ha percorso un metro e il faro sorgente per il movimento dell’astronave ha percorso appena 10 centimetri, ma già nella seconda foto capiamo che il fotone nel percorrere il suo primo metro e il faro sorgente nel percorrere i suoi primi dieci centimetri, loro li hanno percorsi insieme proporzionalmente perciò ad ogni centimetro dell’astronave corrispondono dieci centimetri del fotone, possiamo andare ancora di più nel dettaglio e vediamo che nel percorrere il primo millimetro il faro sorgente il fotone di luce ha percorso dieci millimetri.
A questo punto noi sappiamo, che la lunghezza d’onda della luce visibile varia da 380 a 760 nanometri circa (un milionesimo di millimetro), perciò se vogliamo sapere quante onde ci sono in dieci millimetri dobbiamo fare 10.000.000/380=26.316 onde complete di ultravioletto e la metà cioè 13.158 onde nella luce infrarossa. Ritornando al faro sorgente, se immaginiamo di inviare il raggio di luce con una precisa frequenza diciamo di 550 nanometri dovremmo fare 10.000.000/550=18.182, ma se andiamo a contare le onde complete nell'esperimento noi ne contiamo esattamente 20.000 onde, come è possibile questo? Riesaminando l’esperimento ci rendiamo conto che il millimetro percorso della sorgente in movimento ha aggiunto 1.000.000/550= 1.818 onde tutte proporzionalmente al suo moto e se sommiamo 18.182+1818 abbiamo esattamente 20.000 onde complete come quelle che leggiamo nell'esperimento fatto.
Adesso capiamo anche il perché, il moto della sorgente viaggiando al 10% della velocità della luce ha aggiunto il suo moto nella frequenza di 550 nanometri alla luce portandola a 500 nanometri. però l’onda non potrà essere completamente trasformata da 550 a 500 nanometri perché se fosse così non leggeremo mai l’effetto Doppler della sorgente in movimento ma vedremmo semplicemente una luce con una frequenza più alta, invece la frequenza della luce risulterà aumentata a 500 nanometri solo per la parte di percorso che ha eseguito l’astronave che è il 10% del tragitto, dopo i 30.000.000 metri la luce perde questa maggiore frequenza e ritorna a 550 nanometri ed è per questo che vediamo lo spostamento della frequenza o per essere più precisi lo spostamento dello spettro elettromagnetico applicando l’effetto Doppler. Infatti alla 30.000.001 fotografia vediamo la stessa situazione della seconda fotografia, ma quando andiamo a verificare la 30.000.002 fotografia non vediamo più 20.000 onde ma solamente 18.182, che sarebbe la frequenza di 550 nanometri del raggio di luce infatti qui non c’è più l'influenza del moto della sorgente, perciò la luce è ritornata con la sua frequenza originaria ed abbiamo anche la possibilità di misurare l’effetto doppler.
Provo a lanciare una proposta:
Per controllare se quello che affermo è vero, è molto semplice, basta misurare un raggio di luce di una frequenza ben determinata con la sorgente di luce montata su un meccanismo mobile munito di rinvii meccanici questi muniti di specchi anch'essi mobili così da amplificare il moto della sorgente, fatto questo montiamo uno spettrometro di precisione (lo spettrometro è uno strumento che serve per misurare la frequenza del raggio di luce, esistono spettrometri con un’altissima precisione dell’ordine 10-15), questo posizionato all’interno dell’influenza del moto della sorgente, proprio per misurare il cambiamento di frequenza della luce quando la sorgente è in movimento, se facciamo l’esperimento ad una distanza utile con due misure una nell’influenza del moto l’altra con la sorgente ferma o dopo la fine dell’influenza del moto della sorgente, così da verificare che la luce si comporta semplicemente come una dinamo o un motore elettrico e la finiamo di scomodare il tempo per spiegare questo fatto sperimentale.
Se questo esperimento riesce la teoria della relatività ristretta non ha alcun fondamento ne logico ne sperimentale.
APPROFONDIMENTI:
1- Effetto Doppler:
l'effetto Doppler viene sempre considerato un semplice controllo per accertare il moto della sorgente, non si è mai ragionato che ad un aumento della frequenza corrisponde un aumento effettivo dell’energia proporzionale al moto della sorgente, tutto sempre alla medesima velocità 300.000km/s, ecco il perché a pari velocità e senza massa la luce può trasportare quantità di energia molto diverse fra loro.
Non si è pensato (o non si vuole ammettere forse per non invalidare le teorie relativistiche proprio nelle loro fondamenta) che qualsiasi moto della sorgente non porta nessun rallentamento del tempo (dato che la velocità della luce rimane invariata) ma porta ad un semplice aumento della sua frequenza (aumento di energia in linea con la relatività galileiana), questo aumento della frequenza cosa produrrà di conseguenza alla luce se non un aumento della sua vita? Non si può certo negare che il moto della sorgente lo ritroveremo alla fine del percorso vitale della luce.. Questo è normale perché la velocità è energia.
Si è sempre considerato (o si vuol far credere) che la luce o le radiazioni avessero un comportamento diverso con il moto addizionale della sorgente ed è per questo si afferma che la luce non rispetta la relatività Galileiana, ma nella realtà non è così. Einstein non ha mai applicato ne preso in considerazione l’effetto Doppler nella teoria della relatività ristretta per spiegare l’anomalia del moto della sorgente.
Ma la sorpresa più grande cari lettori ci sarà, quando scoprirete che nella relatività generale invece l’effetto doppler e la consistenza dell’Etere sono fondamentali per certificarne la bontà della teoria, addirittura in questo caso per la consistenza dell’Etere si conierà un termine apposito: “geodetica”.
2- Effetto Doppler:
Stranamente invece l’effetto doppler viene continuamente applicato per verificare e dimostrare la veridicità della teoria della relatività generale, questo perché la teoria della relatività presuppone che la luce venga attratta dalla forte gravità dei grandi pianeti massivi o delle stelle (questo argomento verrà ripreso), quindi, presupponendo che la luce venga attratta dalla gravità si asserisce che l’effetto doppler dimostri la “curvatura dell’Universo”, e di conseguenza la centralità della forza di gravità nel sistema Universo.
Per la teoria della relatività generale, la gravità è l’unica forza che agisce e riesce a mantenere in vita l’Universo come lo vediamo ora (per me è proprio questo l’errore d’interpretazione fatto dalla teoria), perciò quando nel 1929 l’astronomo Edwin Hubble, dopo lunghe osservazioni delle galassie fece notare che più le galassie sono distanti e più il loro redshift misurato risulta marcato, propose l’esistenza di una relazione tra il redshift rilevato delle galassie e la loro distanza, Con questa scoperta si asserì che l’Universo stia attraversando una fase d’espansione (proprio come un palloncino che si gonfia), quindi essendo l’Universo governato dalla forza gravitazionale attrattiva, si dedusse che questa espansione poteva essere stata generata solo da una grande forza repulsiva da qui si formulò la teoria del Big Bang primordiale. Ecco che nel 1929 alla relatività generale gli fu data un’altra “certificazione di qualità”, ma studiando bene la teoria del Big Bang (vedi capitolo apposito), si intuisce subito che sono due teorie nate zoppe in partenza, perché vanno contro a delle leggi consolidate, ma per due teorie nate zoppe anche se si aiutano a stare in piedi, per rimanere stabili gli serve un terzo appoggio. Perciò la terza teoria fu prima solo prevista da un cosmologo di New York Robert Herman, ma dopo fu scoperta definitivamente nel 1964, per caso da due astronomi americani con la rilevazione della radiazione cosmica di fondo dell’Universo; non a caso proprio negli anni 60 le teorie relativistiche nel mondo scientifico riprendono il loro vigore.
Ma cosa è la radiazione cosmica di fondo dell’Universo?
Sono deboli radiazioni di fondo rilevabili solo con moderni radiotelescopi, queste radiazioni sono isotrope cioè radiazioni rilevabili in tutte le direzioni, per questo sono state chiamate radiazioni di fondo, queste radiazioni alzano la temperatura dell’Universo a 2,725K o -270,27 gradi celsius.
L’importanza acquisita dall’effetto doppler nei confronti della relatività generale sembra fondamentale per la sopravvivenza della teoria, per verificarne la correttezza dobbiamo andare al capitolo “il Big Bang e l’Universo”.
3- Effetto Doppler relativistico:
Il termine effetto doppler relativistico è stato creato appositamente da Einstein, lui conosceva la luce come radiazione elettromagnetica e sapeva bene che era una radiazione che si propagava con un moto ondulatorio, ma dopo l’esperimento di Michelson-Morley capì che le caratteristiche erano molto diverse dalle onde acustiche, da qui dedusse che la luce non rispettasse la relatività galileiana.
Ma l’effetto doppler della luce veniva misurato sperimentalmente, quindi il problema rimaneva, perciò questo effetto rilevato non poteva essere ignorato.
Einstein l’effetto doppler l’affrontò con la sua visione relativistica, Lui era convinto che alla velocità della luce il tempo si fermava, quindi questa visione lo portò a considerare tutti gli altri fenomeni una “conseguenza” dell’avvicinarsi alla velocità della luce, perciò anche l’effetto doppler era da considerarsi una conseguenza della velocità non la causa primaria del problema.
Per la comunità scientifica l’effetto doppler relativistico è considerato il modo corretto di vedere e misurare l’incremento di energia, quindi per misurare l’incremento di frequenza d’onda o la diminuzione della lunghezza d’onda si utilizzano le formule sotto indicate nella figura 6.3.
Queste formule se le analizzate bene si capisce che sono una elaborazione della trasformazione di Lorentz applicata per conoscere il cambiamento della frequenza o della lunghezza d’onda, nella figura 6.4 si vede lo stesso procedimento applicato anche in astronomia per conoscere la velocità radiale delle stelle o delle galassie.
Dopo aver spiegato il funzionamento meccanico della luce, dobbiamo capire se l’effetto doppler è corretto considerarlo ancora “relativistico”. Perché dico questo?
Perché nel merito sembra giusto applicare la formula sopra riportata, questa ci dà un risultato attendibile, infatti misura semplicemente la variazione della frequenza o della lunghezza d’onda di una sorgente di luce in movimento.
Quindi anche sulle radiazioni di luce è corretto considerare l’incremento di velocità (dato dalla sorgente in movimento), ma questo incremento di velocità aumenta l’energia (intesa come potenza) della luce, ma l’energia della luce sappiamo che si propaga sempre alla stessa velocità quindi è corretto considerare l’incremento di energia con il metodo della trasformazione di Lorentz perché incrementa la frequenza o la lunghezza d’onda nel modo corretto, infatti se la sorgente in movimento si avvicina alla velocità della luce (aumento di energia) la frequenza tende a raddoppiare e la lunghezza d’onda tende a dimezzarsi, quindi l’incremento considera giustamente la velocità della luce e non la variazione del tempo.
Vi ricordo però, che i teorici della relatività utilizzano l’effetto doppler relativistico come una esclusiva conferma della bontà della teoria, e proprio per questo hanno acquisito tanta sicurezza (e molta supponenza).
Adesso conoscendo la meccanica della luce ed il comportamento delle radiazioni elettromagnetiche con il moto aggiuntivo della sorgente, capiamo che la variazione del tempo è fuori questione, perché il tempo è estraneo all’esperimento, infatti anche l’effetto doppler “relativistico” non considera una variazione del tempo ma misura una variazione della frequenza o lunghezza d’onda.
Arrivati alla fine del ragionamento vi domando, se l’effetto doppler (relativistico) rileva l’incremento di frequenza, perché noi dobbiamo tirare in ballo anche un rallentamento del tempo? Se facciamo questo (perché pensiamo sia giusto) allora il risultato ottenuto deve essere ulteriormente incrementato della componente del tempo variato, frequenza più il tempo dilatato, per conoscere la frequenza “relativa” corretta.
Ma se facciamo questo il risultato risulta erroneo, quindi questo ragionamento logico ci dovrebbe far capire una volta per tutte che il tempo è estraneo o le formule relativistiche sono sbagliate perché non tengono in considerazione l’incremento del rallentamento del tempo.
Quello che vi voglio dimostrare, è che le formule spacciate per “relativistiche” sono invece delle formule normali che considerano il movimento ondulatorio della luce e la velocità non modificabile.
Quindi alla luce come tutte le radiazioni elettromagnetiche avendo una velocità fissa, varia solo la frequenza dell’onda (potenza) senza nessuna ulteriore variazione del tempo, anche nell’elettricità se abbassiamo il voltaggio (senza cambiare niente altro) abbiamo un aumento dell’amperaggio (potenza), ma qui noi non pensiamo che nei nostri cavi l’elettricità che l’attraversano il suo tempo relativo rallenta con un aumento di potenza.
Con questa spiegazione cerco di smontare la sicumera di molti ricercatori che spacciano la relatività come unica soluzione per capire l’Universo.